domenica 3 settembre 2023

Estratto da un manoscritto in serbocrato (Roberto Minichini)


Sono nato in una famiglia della borghesia benestante croata nel 1922, ho aderito al Partito Comunista della Jugoslavia (KPJ) solo in seguito alla lettura teorica di libri. Con la classe lavoratrice in quanto tale non avevo avuto contatti diretti.

Durante la seconda guerra mondiale i comunisti nella mia zona della Croazia erano ancora pochi, ho guidato la resistenza partigiana socialista e marxista come commissario politico del partito comunista, ma non mi sono mai trovato in situazioni di combattimento contro gli invasori tedeschi ed italiani e contro i loro collaborazionisti fascisti locali. Tutto quello che facevo era assistere a riunioni. La fine della guerra l’ho vissuta a Belgrado, liberata dai carri armati sovietici diversi mesi prima. All’entrata dei partigiani comunisti a Zagabria nel maggio 1945 non ho preso parte.

Dopo la guerra, dal 1946 in poi in maniera stabile, per circa dodici anni ho vissuto a Belgrado come funzionario del regime comunista, mi sono sposato e ho formato una famiglia, ho continuato gli studi interrotti in anni più giovanili a causa della invasione tedesca ed italiana della mia patria jugoslava. Durante gli anni in cui ero un giovanissimo partigiano comunista e commissario politico del partito, non ho frequentato scuole di sorta. Leggevo invece molti libri, tutti appartenenti però a una cultura borghese ed idealistica e romantica, tipica della mia famiglia di origine. La letteratura marxista in quanto tale la studiavo con grande cura e diligenza, per senso di dovere nei confronti della mia funzione all’interno del Partito Comunista della Jugoslavia.

Noi avevamo cacciato gli invasori fascisti tedeschi ed italiani dal nostro paese, con una lotta di liberazione durissima. Coloro che avevano occupato la nostra terra avevano fatto molto male i conti, e non avevano tenuto conto del carattere guerriero ed orgoglioso e testardamente indipendente delle nostre popolazioni. Chi entra nei Balcani come occupante militare si deve preparare all’inferno che lo attende, e alla sconfitta delle sue ambizioni imperialistiche e tiranniche.

La vita che facevo a Belgrado dal 1946 al 1958 è stata bellissima. Non solo vi ho visto nascere e crescere i miei tre figli ma ho stretto amicizie con personalità magnifiche. Ero diventato col tempo alto funzionario del regime socialista e feci parte di un gruppo ristretto di persone che ebbero accesso diretto o potevano dire in faccia tutto quello che volevano, anche le cose più sgradevoli ed urtanti, al leader assoluto e supremo dei comunisti della Jugoslavia unita: il Maresciallo Josip Broz Tito.

Chi ha non ha visto e vissuto dall’interno il funzionamento di un vero partito comunista e di una dittatura comunista, non ha neanche lontanamente la possibilità di farsi una idea reale di cosa si tratti e di che dimensioni di vita sono quelle di cui qui si parla. Il marxismo insegna una radicale rivoluzione di tutte strutture sociali, culturali, economiche, politiche ed antropologiche precedenti dell’umanità e porta avanti una coscienza apertamente totalitaria, di dittatura assoluta del proletariato fino alla creazione prima del socialismo, la società senza più classi sociali, poi della fase finale, quella del comunismo, che vedrà la scomparsa stessa della dittatura del proletariato, del Partito Comunista e dello stesso Stato.

La nostra rivoluzione socialista ha preso di mira con grande aggressività tutte le religioni e tutte le strutture di potere clericale, senza distinzioni, e ha duramente lottato contro ogni forma di nazionalismo, tribalismo o sciovinismo etnico. I preti delle varie confessioni religiose, in grandissima parte ignoranti e fanatici, privi di cultura o solo dotato di cultura ideologica della loro specifica dottrina irrazionale scientificamente non dimostrabile, e con la pretesa di comandare ed indottrinare il popolo senza lavorare e farsi pure pagare dalle loro vittime, sono stati considerati nemici numero uno della nostra rivoluzione popolare socialista, e come tali trattati. L’estinzione finale di ogni religione e di ogni sentimento di appartenenza nazionale e di ogni proprietà privata sono lo scopo ultimo del comunismo.

Nel 1958 feci ritorno a Zagabria, non avrei mai più rivisto Belgrado. A Zagabria mi dedicai alla scrittura di saggi di vario genere e agli studi riguardanti la storia dei lavoratori e del movimento degli operai e dei contadini, alla ricostruzione dettagliata della lotta di liberazione comunista contro gli aggressori ed invasori nazifascisti tedeschi ed italiani e dei loro servi e collaborazionisti fra le nostre popolazioni. Avevo creato attorno a me un circolo di intellettuali, come al solito, con la vera classe lavoratrice non ebbi alcun contatto, anche se ero un membro del Partito Comunista Jugoslavo molto importante, autorevole e stimato. Conoscevo e frequentavo scrittori, poeti, pittori, registi, accademici e filosofi di Zagabria e di tutta la Croazia socialista di allora.

A un certo punto, diventato un uomo maturo di anni, si fece sempre più presente nel mio ricordo la figura di mio padre. Un borghese croato patriota, che non credeva a nessuna Jugoslavia e a nessun comunismo, ma anzi era un patriota cristiano a favore di un regime sociale basato sulla libertà individuale, le libere elezioni e il parlamentarismo. Per lui ogni popolo doveva avere un suo Stato nazionale in cui vivere in modo sovrano ed autonomo, la religione era un importante fattore culturale rispettare, e non c’era bisogno di nessun dittatore e di nessun partito politico unico che pretendesse di avere il controllo totale sullo Stato con la sua ideologia. Mi guardavo nello specchio mente invecchiavo e vi vedevo mio padre. A un certo punto attorno al 1964, mi resi conto che il comunismo era una truffa. Per molti mesi cercai di rimuovere questo mio nuovo modo di vedere la realtà e il periodo storico nel quale stavo vivendo, per aiutarmi a tornare un comunista convinto lessi anche molti testi di psicanalisi, per comprendere quello che stava accadendo all’interno della mia mente di funzionario marxista che non credeva più al sistema. Durante una visita a Zagabria del grande ed unico ed incontestabile leader della Jugoslavia Socialista, il Maresciallo Josip Broz Tito, mentre ero a poca distanza da lui mi sono trovato a pensare: questo uomo non è altro che un dittatore.

(Tratto dal manoscritto: Memorie di un secessionista clericale fanatico, in pubblicazione in lingua serbocroata a Zagabria, Sarajevo, Belgrado nel 2028)

 

Roberto Minichini, filosofo umanista e parapsicologo ed astrologo, Lubiana, Slovenia, settembre 2023

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