mercoledì 11 giugno 2025

Poche persone sanno che i gufi parlano (Scritto di Roberto Minichini)


Poche persone sanno che i gufi parlano. Se si approfondisce la questione si scopre che tutti gli animali parlano e hanno un loro preciso e sviluppato linguaggio. Anche le piante e i sassi e il cielo e la terra comunicano. Quelli però che comunicano di più di tutti sono i morti. Essendo le loro anime spesso depositate in dimensioni esistenziali larvali, grigie, ristrette ed infelici, hanno bisogno di parlare. Mia nonna croata diceva sempre che chi muove troppo la lingua, parla troppo, si occupa dei fatti degli altri invece di pensare ai fatti suoi, probabilmente ha la testa vuota e la deve per forza riempire di qualcosa. Da parte mia aggiungo che questo vale anche per le anime dei morti. Fin da bambino parlo con i morti e vedo la morte arrivare per i viventi, prevedo i decessi con sicurezza matematica. In questo era specializzata anche la mia cara nonna croata. Come amava ripetere sempre il mio insegnante di musica tedesco quando avevo sette o otto anni, nella vita non ci sono doveri e non ci sono responsabilità, sono tutte cose inventate ed imposte da altri esseri umani e cambiano di continuo, l’unica cosa che dobbiamo fare tutti è crepare. Teoricamente con lui dovevo studiare musica, egli era un anziano veterano tedesco della seconda guerra mondiale, ed aveva una protesi al posto della gamba destra. Non ho mai studiato musica, istintivamente considero la musica una cosa inutile e spesso assai sgradevole, in particolare i canti delle voci umane, quindi ero un pessimo studente, il peggiore di tutto il corso. Alla fine mi hanno espulso, sono stato l’unico espulso su oltre 300 fra studenti e studentesse di tutte le età. Mio padre aveva pagato tanti soldi per quel corso privato, soldi buttati via, lui voleva il figlio musico, ma il figlio alla fine ha rifiutato la musica ed è andato a frequentare con gioia un corso di scacchi. Ho avuto una infanzia tranquilla e felice, tutta tedesca, di una Germania che non c’è più, un paese bellissimo con gente che era il mio tipo di carattere ideale. Onestà, disciplina, rispetto della parola data, impegno nel lavoro, nello sport, nella tecnica, nella economia, osservanza della educazione civica e delle leggi, questa la Germania che adoro. Ovviamente un bambino e un adolescente percepisce le cose in modo molto limitato e soggettivo, ma questa è la mia esperienza interiore. Quando mi chiedevano, visto che ero figlio di immigrati, a che nazione mi sentivo di appartenere, a quella italiana, jugoslava o tedesca, io rispondevo sempre senza esitare: io sono un tedesco e sono fedele alla Germania e voglio essere sepolto su suolo tedesco, anche se muoio al Polo Nord o in Cina. Ero l’unico figlio di immigrati che conoscevo che aveva questo atteggiamento, generalmente gli altri bambini e ragazzini, pur essendo nati e cresciuti in Germania come me, tendevano ad identificarsi abbastanza fortemente con i paesi d’origine dei propri genitori. Praticavo molti sport, diverse arti marziali, come il judo, il karate, il taekwondo e poi giocavo a calcio e facevo atletica leggera e nuoto. Da adulto invece sarai diventato un sedentario topo di biblioteca, filologo germanico e filologo slavo, cartomante e mago erotomane, mangiatore incallito di hamburger, kebab e pizze, cibi consumati sempre sotto forma assai piccante e molto ben farcita. Inoltre sono sempre stato un appassionato, solo però in occasioni speciali e con amici speciali, della pipa e dei sigari. Ci sono però due cose che mi hanno sempre distinto dai tedeschi in mezzo ai quali sono cresciuto e che mi hanno trasmesso tutto. Questi tedeschi di allora che ho conosciuto bene avevano il culto del lavoro e dell’ordine, io invece ho il culto dell’ozio e del caos.

 

Roberto Minichini, Gorizia, giugno 2025

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