domenica 14 settembre 2025

Uno jugoslavo in esilio (Racconto di Roberto Minichini)

Mi trascino lentamente a malapena per le strade delle città italiane, sostanzialmente con la testa fra le nuvole, concentrato su pensieri che mi trasportano altrove. Dopo un breve viaggio nei Balcani, immerso in un bellissimo clima slavo, sono tornato stanco in una Italia di cui comprendo la lingua ma non la cultura e la mentalità. A Belgrado ho visitato la tomba di Josip Broz Tito, ed è forse la ventesima volta che lo faccio. Ignoro il caos politico attorno, parlo con bellissime donne di esegesi biblica ed escatologia, mangio e bevo tanto, come un re. La mia donna slovena, che finora non ha conosciuto questa mia natura esuberante e socievole, capisce la lingua serba ma non la sa parlare. Io le dico: -non ti preoccupare, questa è casa tua, noi slavi siamo tutti una unica famiglia-. Lei è felice, e quindi anche io sono felice. Per imparare a parlare un italiano stentato con erre moscia da tedesco ci ho messo parecchi anni, prima parlavo soltanto serbocroato e nei miei sogni anche una variante del cinese arcaico. Il primo italiano che ho conosciuto in vita mia si chiamava Gabriele D’Annunzio e l’ho conosciuto a Fiume in Croazia, partecipava a un corso per imparare la lingua croata ed era un comunista convinto. A quel tempo, tre decenni fa, c'erano ancora i veri comunisti in Occidente, e quindi anche in Italia, che volevano abolire senza sconti il capitalismo cosmopolita e lottavano contro la borghesia e puntavano ad instaurare un socialismo duro. Oggi in Occidente il comunismo è stato comprato e modificato dal capitalismo finanziario e dalle sue logiche di inversione ed usurpazione. Uno spettro si aggira per l’Europa, ed è lo spettro della omologazione dei costumi, della rinuncia allo spirito critico, del conformismo ideologico ottuso, e della sottomissione totale al consumismo e a stili di vita individualisti contrari alla rigida ed autentica etica socialista. Essendo io capo assoluto e dittatore patriarcale del Partito Comunista Teocratico della Jugoslavia Sovrana ed Unita, e ho come modello Fidel Castro il grande autocrate, mi dissocio da tutto questo e faccio appello alle masse popolari consumiste perse nell’individualismo piccolo borghese di farsi un esame di coscienza e di non mettersi al servizio volontariamente del dominio del capitale e del mercato libero dell’alta finanza cosmopolita. Tutti i gruppi politici sotto il regime capitalista sono creati e controllati dall’alta finanza e dalle lobby della omologazione orwelliana dell’umanità, e lo stesso vale per i mass meda, le università e la cultura. Il primo comunismo ha vergognosamente fallito perché era ateo e moralmente crudele e corrotto, e nessuna civiltà atea e materialista può sopravvivere a lungo, in quanto viola le leggi del cielo e del divino, il secondo comunismo, quello primordiale, è profondamente mistico, irrazionale, apocalittico. Tutti gli uomini del nostro partito devono portare la barba lunga tre metri, avere almeno sei figli, inoltre portare gli occhiali unti e sporchi, parlare sempre con la erre moscia tedesca, e bere la sera almeno due bottiglie di sacra grappa analcolica croata. Poi è assolutamente obbligatorio mangiare almeno cinque kebab con patatine fritte alla settimana. Chi non rispetta queste regole sarà sottoposto a procedimento disciplinare e rischia l’espulsione dal Partito Comunista Teocratico della Jugoslavia, il quale ha per ora solo quattro iscritti, sono pochi ma hanno capito la natura profondamente monoteista e tradizionalista ed ancestrale del marxismo platonico distopico.

Roberto Minichini, Gorizia, settembre 2025 

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