Composto nel 1843 e pubblicato l’anno seguente, "Deutschland. Ein Wintermärchen" è il poema in cui Heine trasforma il viaggio in patria in un atto di disincanto politico e spirituale. Dietro l’apparenza di un itinerario reale, il ritorno dalla Francia nella Germania della Restaurazione, si cela una discesa nel cuore malato della nazione: un paesaggio di censura, ipocrisia e provincialismo, in cui il poeta riconosce la propria estraneità definitiva. Heine riprende la tradizione del poema di viaggio romantico solo per rovesciarla. Là dove Novalis cercava la Heimat come mito dell’unità perduta, Heine trova un corpo pietrificato: la Germania del 1840, divisa e sonnolenta, incapace di trasformare il pensiero in libertà. La sua ironia non è evasione ma diagnosi: la risata come forma di lucidità politica. Sotto il tono giocoso e antifrastico, il testo rivela una coscienza tragica della modernità. L’esilio di Heine a Parigi non è soltanto geografico, ma simbolico: egli abita il confine fra la nazione e la storia, fra la lingua materna e la libertà della parola. In questo senso Wintermärchen è il vero poema della modernità tedesca, non perché ne celebri l’avvento, ma perché ne registra la perdita dell’innocenza.
Roberto Minichini
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